PIERGIORGIO VITI, COLPEVOLI SONO STATI I FUOCHI D’ARTIFICIO
#personaggimu abbiamo incontrato il giovane autore monturanese. Da quella sera non ho più smesso…
MONTE URANO – Per la rubrica #personaggimu abbiamo incontrato il giovane monturanese Piergiorgio Viti. Insegnante, scrittore, poeta. Da poco ha pubblicato un libro “Se le cose stanno così…” riscuotendo un successo a livello nazionale. Non potevamo non incontrare una giovane risorsa come lui…
Vediamo se siamo preparati… Tutto è iniziato all’età di sei anni, quando hai iniziato a scrivere racconti e poesie, giusto?
Sì, è cominciato tutto per caso, quando avevo sei anni. I miei portarono me e mio fratello a vedere dei fuochi d’artificio sul mare e io rimasi così impressionato da quei fuochi (e anche un po’ spaventato, se proprio debbo confessarlo) che il giorno dopo scrissi una poesia su quella esperienza. Da quel giorno, per inerzia, per dirla come Pasolini, non ho più smesso…
Quali i ricordi legati alla tua prima opera?
Se per prima opera intendi il mio primo libro, “Accorgimenti”, beh i ricordi sono tanti. Pubblicare, dopo tanti anni di “scavo”, uscire allo scoperto insomma, è stata per certi versi una scelta dolorosa, per altri versi necessaria. Comunque, grazie a quel libro, mi sono fatto conoscere un po’, tant’è vero che sono stato invitato per esempio a Roma (dove ho messo in scena uno spettacolo per la Casa delle Culture) e a Ravenna, dove sono stati letti dei miei testi e dei testi di un poeta ravennate che apprezzo molto, Luciano Benini Sforza. E da lì, soddisfazioni sempre maggiori, come l’avere ricevuto attestazioni di stima e articoli da parte di critici e scrittori importanti come Roberto Deidier, Bruno Galluccio, Attilio Lolini, Angelo Ferracuti, Renato Minore, Franco Manzoni, Daniele Piccini, Simone Gambacorta, Enrico Testa e tanti altri.
Due poesie, una tua, una di altri, alle quali sei più affezionato?
Ce ne sono tante. Per quanto riguarda le mie, beh, ti dico, quella che ancora devo scrivere! Il senso di “affezione” infatti non mi appartiene molto, mi sento molto randagio e libero e così lo sono pure i miei testi, una volta pubblicati appartengono più a chi li legge che non a me.
Per quanto riguarda gli autori, ne ho tantissimi che sento vicini, in primis Raffaello Baldini e i romagnoli, ma poi Montale, Fortini, Sereni, Auden, Carver…Insomma, basterebbe scegliere una loro opera…
Per molti anni ha partecipato anche a concorsi letterari. Potrebbe raccontarci qualche aneddoto, episodio?
Sì, certo. Da piccolo ho partecipato a tanti concorsi e ad Ancona, al “Riviera Adriatica” per esempio, e al concorso letterario di Rocca Montevarmine; in entrambi si erano “stufati” di premiarmi ogni anno ed io e i miei genitori, a forza di partecipare e vincere, eravamo diventati “amici” degli organizzatori! Ho dei bellissimi ricordi di quel periodo. E’ stata la mia gavetta, che molti giovani non fanno oggi, purtroppo, direi…Un aneddoto in particolare riguarda il concorso di Sant’Angelo in Pontano in cui in giuria figurava Joyce Lussu. Quando salii sul palco, avevo sugli otto anni, tremavo tutto per l’emozione e lei, per rassicurarmi e per complimentarsi con me, mi diede un bacio sulla guancia! Avere un bacio da Joyce Lussu non è da tutti!
L’ultima opera dal titolo “Se le cose stanno così“, oltre ad un omaggio a Sergio Endrigo, è anche un omaggio alla sua provincia. Da dove è partita l’ispirazione?
Quel libro nasce perlopiù negli anni in cui sono stato lontano da Monte Urano. Infatti per quattro anni ho insegnato nel Viterbese e lì ho iniziato a sentire la mancanza delle mie colline, dei miei affetti, delle mie abitudini. Così è iniziata, inconsciamente direi, anche se supportata da alcune letture fondamentali, una riscoperta della mia identità e del mio passato. A quell’epoca poi ascoltavo spesso Sergio Endrigo e così ho voluto dare al libro, una volta terminato, il titolo di una sua canzone, un po’ come omaggio a questo grande cantautore, spesso sottovalutato.
L’opera evidenzia personaggi che stanno piano piano scomparendo e la provincia marchigiana che inizia a mutare. Quali sono le caratteristiche della provincia marchigiana?
Sia in “Accorgimenti” che, ancora di più in “Se le cose stanno così”, c’è molto della provincia: ci sono in particolare i personaggi strampalati, marginali che ha ogni paese, ci sono le loro inquietudini, le loro pulsioni, ossessioni, che in realtà sono le inquietudini, le pulsioni e le ossessioni di tutti. Non si può certo dire che il passaggio dalla civiltà contadina, mezzadrile, a quella industriale prima, e post-industriale poi, non sia stata traumatica (nella società, nel paesaggio, ecc.); soprattutto il trauma ha colpito i soggetti più fragili e, ça va sans dire, i poeti e gli scrittori che hanno provato, in un qualche modo, “a rielaborare il lutto” “nella” e “attraverso” la scrittura.
Proiettiamoci nel 2050. Quali potrebbero essere i personaggi caratteristici da raccontare?
E’ difficile ipotizzarlo. Guardo e ascolto tutto con molta attenzione (il poeta è un po’ come un radar…) e poi, chissà.
Ti senti più poeta oppure insegnante?
Diciamo che sono un professore quando sono a scuola e un poeta al di fuori della scuola, anche se non è mai possibile scindere perfettamente: a scuola ho un approccio critico, anticonformista verso tutto ciò che è preconfezionato, verso il “didattichese” tout court ; spesso poi quando scrivo poesie mi vengono in mente i ragazzi che ho a scuola, il mio rapporto con loro o con i genitori (una sezione di “Se le cose stanno così… non a caso parla dei colloqui con i genitori). Insomma, mi sento sia poeta che professore, o meglio accetto l’idea di esserlo.
I giovani sono attratti dalla letteratura? Dallo scrivere? Dall’arte in generale?
Dipende dalla loro sensibilità. Quando da piccolo mi dicevano che ero “sensibile”, pensavo fosse un’offesa e un po’ mi arrabbiavo. Invece, sensibile (ho scoperto dopo…) è una parola bellissima, perché viene da “sentire” e allora chi è “sensibile”, “sente” di più degli altri e quindi inizia da subito a sperimentare l’arte, la scrittura, la letteratura…
Quali potrebbero essere gli ingredienti giusti per avvicinare un giovane al mondo artistico letterario?
Avere talento, sicuramente e poi avere la consapevolezza che ognuno ha un proprio percorso, talvolta poco lineare, anzi molto accidentato. Solo qualcuno ha dei riscontri immediati, altri ce li hanno molto dopo, altri ancora solo post-mortem. Oltre al talento e alla consapevolezza, serve anche molto coraggio: saper dire di no, saper aspettare, saper riflettere su quello che si fa. E’ molto faticoso, non è un’operazione semplice, ma, come ti dicevo, ho accettato di essere poeta.
Piergiorgio, insegnante e scrittore, tuo fratello Massimiliano giornalista con un occhiolino sull’arte e letteratura con la passione del jazz. Avete mai pensato di fare qualcosa insieme?
Siamo talmente presi dai nostri impegni che non ne abbiamo mai parlato, a dire il vero. Le nostre strade sono state sempre parallele, non certo per snobismo l’uno per l’altro, anzi forse per profonda stima. Non è detto, tuttavia, che in futuro non si possa collaborare per qualche progetto, perché no.
Progetti per il futuro?
Continuare a scrivere poesie da un lato e dall’altro provare a cimentarmi anche in altre forme di linguaggio: il teatro, il cinema per esempio mi attirano molto, ma anche la letteratura per ragazzi… Intanto continuo ad impegnarmi leggendo, ascoltando, osservando.
Condividi